Accertamento, rivalsa e detrazione Iva

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Articolo a cura della Dott.ssa Lorenza Mancino

L’Agenzia delle Entrate, dopo numerose istanze, ha fornito chiarimenti sull’applicazione dell’articolo 60 del D.P.R. n. 633/1972.
In particolare, con la risposta n. 28 alle Istanze di interpello del 5 ottobre scorso, l’Agenzia ha dato delucidazioni in merito alle modalità con cui esercitare la rivalsa e la detrazione dell’Iva pagata a seguito di accertamento.

Ai sensi dell’art. 8, c. 1, lettera c), del D.P.R. n. 633/1972, nell’ambito delle cessioni all’esportazione, è consentito all’esportatore abituale di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’Iva nei limiti del plafond disponibile.
Tale meccanismo consente di evitare o di ridurre il fisiologico costituirsi di una strutturale posizione di credito Iva per i soggetti che effettuano sistematicamente operazioni con l’estero, i quali si troverebbero permanentemente nella situazione di chiedere a rimborso l’Iva assolta sugli acquisti non avendo la possibilità di addebitare l’imposta nei confronti del cessionario.

Per poter usufruire del beneficio dell’utilizzo del plafond, l’esportatore abituale è tenuto a trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate un’apposita dichiarazione attestante la volontà di avvalersi di tale facoltà (cd. “dichiarazione di intento”) e, successivamente, a curarne la consegna al fornitore o in dogana.
Quanto al fornitore, lo stesso può effettuare operazioni senza applicazione dell’Iva una volta ricevuta la dichiarazione di intento corredata della ricevuta e acquisita la prova dell’avvenuta trasmissione della medesima all’Agenzia delle Entrate da parte dell’esportatore.

L’art. 60, c. 7, del D.P.R. n. 633/1972, introdotto dall’art. 93, c. 1, del D.L. n. 1/2010, convertito con modificazioni dalla Legge n. 27/2012, prevede che “Il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione”.
Come già chiarito con la Risoluzione del 14 settembre 2016, n. 75/E, la citata disposizione, introdotta per “garantire la conformità delle disposizioni interne ai principi di neutralità e di detrazione, previsti dalla normativa comunitaria in termini di caratteristiche immanenti all’intero sistema dell’Iva”, consente al contribuente, che ha subito un accertamento ai fini Iva, di riaddebitare a titolo di rivalsa al cessionario/committente la maggiore imposta accertata e versata.
Con riferimento all’ipotesi in cui siano stati contestati acquisti senza il pagamento dell’imposta oltre il limite del plafond disponibile, la circolare n. 35/E del 17 dicembre 2013 ha riconosciuto all’esportatore abituale la possibilità di esercitare direttamente il diritto alla detrazione dell’Iva pagata a seguito di accertamento. Ciò in quanto la responsabilità dell’esportatore abituale costituisce una deroga al principio delineato dall’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui l’Iva è dovuta dal cedente/prestatore, previo addebito dell’imposta alla controparte a titolo di rivalsa, ed è detraibile, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, dal cessionario/committente”.
Di conseguenza, “sebbene l’art. 60, c. 7, del D.P.R. n. 633/1972 preveda l’esercizio della detrazione da parte del cessionario o del committente a seguito della rivalsa operata in fattura dal cedente o dal prestatore,la tutela del principio di neutralità del tributo impone che la facoltà di detrarre l’Iva pagata in sede di accertamento, sia riconosciuta anche nelle ipotesi in cui, in deroga alle comuni regole di funzionamento del tributo, sia debitore d’imposta il cessionario/committente in luogo del cedente/prestatore”.
Tanto premesso, poiché il cessionario/committente, in esito alla conciliazione conclusa ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992, ha versato l’intero ammontare dell’Iva dovuta in qualità di debitore d’imposta, nonché delle sanzioni e degli interessi, tornano applicabili i chiarimenti resi con la circolare n. 35/E del 2013 sopra richiamati.
In sintesi si può, dunque, operare la detrazione dell’imposta versata – in assenza di limitazioni al suo esercizio e nei termini e con le modalità di cui al citato art. 60, c. 7, del D.P.R. n. 633/1972 – prescindendo dall’emissione dell’autofattura.