
a cura della dott.ssa Lorenza Mancino
L’Agenzia delle Entrate, sollecitata da numerose istanze di interpello, chiarisce che l’esenzione IVA, di cui all’art. 10, n. 18, del DPR 633/1972, va riconosciuta solo alle prestazioni mediche che sono dirette alla diagnosi, alla cura e guarigione di malattie e problemi di salute effettuate direttamente alla persona nell’esercizio di professioni ed arti sanitarie, aventi uno scopo terapeutico.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 20 novembre 2003, in Causa C-121/01, afferma che “è lo scopo della prestazione medica che determina se quest’ultima debba essere esentata dall’imposta”. Viene in questo modo stabilito il principio fondamentale secondo cui occorre individuare l’ambito in cui la prestazione sanitaria è resa per stabilire la sua finalità principale e, di conseguenza, il regime da adottare ai fini dell’IVA (cd. criterio dello scopo principale).
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 28 gennaio 2005, n. 4/E, riportando la tesi comunitaria, sottolinea che l’esenzione si applica “esclusivamente a quelle prestazioni mediche che sono dirette alla diagnosi, alla cura e, nella misura possibile, alla guarigione di malattie e di problemi di salute”.
In tal senso la suddetta Circolare riporta che “l’ambito di applicazione dell’esenzione prevista dal citato art. 10, n. 18), va limitato alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone, comprendendo in tale finalità anche quei trattamenti o esami medici a carattere profilattico eseguiti nei confronti di persone che non soffrono di alcuna malattia”.
Risulta quindi evidente come l’attività peritale non risponda al suddetto criterio e non è rilevante che la stessa “rivesta un interesse generale per la circostanza che l’incarico sia conferito da un giudice o da un ente di previdenza sociale, o che, in forza del diritto nazionale, le spese siano poste a carico di quest’ultimo …” (Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 28 gennaio 2005, n. 4/e).
Sono quindi assoggettate ad IVA (22%) le prestazioni di natura peritale, che mirano a riconoscere lo status del richiedente per l’attribuzione del diritto all’indennizzo o ad un beneficio economico o amministrativo (ad esempio, le certificazioni peritali per infortuni redatte su modulo specifico o la certificazione per il riconoscimento dell’invalidità civile).
La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 1° agosto 2003, n. 167, chiarisce che beneficiano dell’esenzione solo “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persone nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con Decreto del Ministero della Sanità, di concerto con il Ministero delle Finanze”.
Ecco che l’operazione è totalmente esente da Iva sia per la fatturazione effettuata nei confronti del paziente che tra i due soggetti che ne sono passivi. Dunque i criteri oggettivi delle prestazioni fornite prevalgono sulla forma giuridica di chi le rende.
Da ultimo, sono irrilevanti ai fini IVA, per mancanza dei presupposti applicativi, le prestazioni obbligatorie per legge, in quanto strettamente correlate alla natura dell’attività espletata dal medico, per le quali non è prevista l’erogazione di un corrispettivo (ad esempio, dichiarazioni di nascita, denunce penali, ecc …).
Nei casi in cui la prestazione del medico sia contemporaneamente finalizzata alla cura della persona ma abbia anche risvolti assicurativi o peritali, è possibile evitare l’applicazione dell’IVA se il medico riporta in fattura la dizione: “Riscontrata prevalente finalità di tutela della salute” (Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 13 marzo 2006, n. 36).