
Con riferimento al trattamento Iva applicabile ai servizi di gestione dei centri di accoglienza dei migranti o richiedenti asilo politico è stato più volte precisato nella prassi che tali attività ricadono nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 10, n. 21) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 (cfr. da ultimo Interrogazione Parlamentare N. 5-11482 del 6 giugno 2017).
Con la Risoluzione n. 74/E l’Agenzia delle Entrate fornisce il proprio parere circa la disposizione di esenzione di cui all’art. 10, c. 1, n. 21) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
La disposizione sopra citata prevede l’esenzione Iva per “le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, (…) comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie” (art.10., c. 1, n. 21, DPR 633/1972).
Tale norma, come più volte ribadito nella prassi (cfr. ris. n. 322651 del 17 aprile 1986, ris. n. 345266 del 17 febbraio 1987, ris. n. 431409 del 28 febbraio 1992 e ris. n. 188/E del 12 giugno 2002), ha natura oggettiva nel senso che l’esenzione si applica a prescindere dal soggetto che rende la prestazione; inoltre, l’oggettività va verificata anche in relazione ai “soggetti beneficiari delle prestazioni che devono rientrare nella tipologia di soggetti disagiati degni di protezione sociale” (cfr. ris. n. 1/E dell’8 gennaio 2002 e ris. n. 39/E del 16 marzo 2004).
Il regime di esenzione Iva si applica indipendentemente dalle modalità di effettuazione delle suddette prestazioni ovvero sia allorquando le stesse siano rese direttamente dal committente beneficiario del servizio sia se svolte nell’ambito di un contratto con un committente terzo, conservando meno quest’ultimo la titolarità del servizio.
Tuttavia, nel caso in cui il servizio sia affidato ad una cooperativa sociale o un loro consorzio (Legge 28 dicembre 2015, n. 208) è stabilito che, a decorrere dal 1 gennaio 2016, per i contratti stipulati dalla medesima data si applica l’Iva nella misura ridotta del 5%, ai sensi della parte II-bis della tabella A, allegata al DPR 633/1972, la quale prevede che “le prestazioni di cui ai numeri 18), 19) 20), 21) e 27-ter) dell’art. 10, c. 1, rese in favore di soggetti indicati nello stesso numero 27-ter) da cooperative sociali e loro consorzi sono soggetti all’aliquota Iva nella misura del 5%”.
In tali ipotesi si ricorda che affinché possa trovare applicazione l’aliquota del 5%, le cooperative sociali e loro consorzi dovranno effettuare, sia direttamente sia indirettamente tramite convenzioni e/o contratti in genere, le predette prestazioni nei confronti di soggetti espressamente elencati nel numero 27-ter) dell’art. 10, tra cui sono riconducibili “le persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo”. Quindi è necessario, stante il dettato normativo, che detti requisiti coesistano contestualmente in capo al beneficiario (cfr. ris. n. 238/E del 26 agosto 2009).
E’ esclusa l’applicazione dell’Iva, invece, nell’ipotesi in cui il gestore sia un’associazione di volontariato, di cui all’art. 3 della Legge 11 agosto 1991, n. 266 e sempre che le prestazioni in argomento rientrino tra le finalità istituzionali dell’ente, in quanto l’art. 8 della medesima legge prevede, tra l’altro, che “le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all’art. 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini dell’Iva, (…).
In particolare, il gestore può essere uno dei seguenti soggetti: società commerciale, associazione temporanea di impresa, ONLUS e associazione di volontariato, cooperativa sociale o ente pubblico.
Al riguardo, si ritiene che, qualora il centro di accoglienza non superi i 300 posti, al corrispettivo unico e indistinto percepito dal gestore sia applicabile il regime di esenzione dell’Iva, ai sensi dell’art. 10, c. 1, n. 21), a prescindere dalla natura giuridica del prestatore, con eccezione delle cooperative sociali e/o loro consorzi e delle associazioni di volontariato di cui all’art. 3 della Legge 266/1991.
Con riferimento al caso in cui l’appalto, in considerazione della ricettività della struttura superiore a 300 posti, venga suddiviso nei 4 lotti prestazionali (fornitura servizi, fornitura pasti, fornitura di beni e servizio di pulizia e igiene ambientale) – affidati a gestori differenti a cui corrisponderanno specifici e distinti corrispettivi – si ritiene che ciascuna tipologia di sevizio sarà assoggettata ad Iva in base al regime proprio applicabile alla tipologia di servizio reso e al soggetto prestatore.
Ne consegue che detti servizi saranno esclusi dall’ambito applicativo dell’Iva unicamente nell’ipotesi in cui siano resi da un’associazione di volontariato, di cui all’art. 3 della Legge 266/1991.
Inoltre, si ricorda che in base all’art. 10 del DPR 633/1972 sono esenti da Iva: le prestazioni sanitarie di diagnosi e cura rese alla persona nell’esercizio delle professioni ed arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie (cfr. n. 18), le prestazioni di ricovero e cura rese da ONLUS (cfr. n. 19), le prestazioni socio-sanitarie rese da organismi di diritto pubblico, da enti aventi finalità di assistenza sociale e da ONLUS se rese nei confronti di persone, tra le altre, migranti, senza fissa dimora e richiedenti asilo (cfr. n. 27-ter). I medesimi servizi, se effettuati da cooperative sociali e loro consorzi nei confronti di persone migranti, senza fissa dimora e richiedenti asilo, possono invece fruire dell’aliquota Iva del 5%, ai sensi della richiamata disposizione nella parte II-bis della tabella A, allegata al DPR 633/1972.